Nel contesto lavorativo, ci sono problematiche che a prima vista possono apparire secondarie ma che, se ignorate, possono evolversi in contenziosi complessi. L’uso dell’immagine del lavoratore da parte del datore di lavoro senza un consenso appropriato o un adeguato indennizzo rappresenta uno di questi problemi, spesso trascurato. Analizziamo il quadro normativo svizzero per poi approfondire le possibili implicazioni di casi concreti.
Partiamo dal presupposto che l’immagine personale è parte integrante dei diritti della personalità, garantiti dal Codice civile svizzero. L’articolo 28 CC sancisce che chiunque subisca una violazione della propria personalità – incluso il diritto all’immagine – può agire legalmente per ottenere la cessazione della lesione e, se necessario, un risarcimento.
Nel contesto lavorativo, il Codice delle obbligazioni (CO) approfondisce queste tutele. L’articolo 328 CO impone al datore di lavoro di rispettare e proteggere la personalità del dipendente. Questo obbligo si estende anche all’utilizzo dell’immagine del lavoratore per fini aziendali.
La Legge federale sul lavoro (LL), pur non trattando direttamente il diritto all’immagine, richiede al datore di lavoro di creare un ambiente lavorativo rispettoso e non lesivo della dignità del lavoratore (Art. 6 LL).
Consderate queste tutele legali, l’utilizzo dell’immagine di un lavoratore richiede sempre il consenso esplicito della persona interessata. Questo consenso deve essere libero, informato e specifico, di modo che il lavoratore deve sapere esattamente come, dove e per quali fini verrà utilizzata la sua immagine e che l’utilizzo sia chiaramente definito nel tempo e nello spazio.
In assenza di un consenso valido, il datore di lavoro può incorrere in violazioni del diritto della personalità, che possono dar luogo a richieste di risarcimento.
Porto oggi un caso concreto che riguarda un uso inconsapevole dell’immagine
Il caso riguarda un dipendente di una società di moda si trova inconsapevolmente fotografato durante un evento aziendale. Senza il suo consenso, l’azienda utilizza l’immagine per una campagna pubblicitaria. Sebbene il dipendente non abbia esplicitamente opposto resistenza, non gli è mai stato chiesto il permesso, né è stato previsto alcun indennizzo.
Le possibili violazioni possibilmente commesse in questo contesto riguardano il
mancato consenso alla base dell’utilizzo della propria immagine ed un mancato indennizzo dal momento che l’utilizzo commerciale dell’immagine comporta un beneficio economico per l’azienda che richiederebbe un compenso equo al lavoratore.
A secondo poi dell’utiizzo che ne è stato fatto dell’immagine, è possibile che si configuri anche un
danno alla reputazione se l’uso dell’immagine ha associato il dipendente a un messaggio non condiviso, può configurarsi un danno alla sua reputazione personale e professionale.
Il lavoratoe può attivare diverse tutele, prima tra tutte può intimare all’azienda di rimuovere l’immagine da tutti i materiali promozionali e richiedere un indennizzo economico per il danno subito, sia morale che materiale. L’azienda può accordare queste tutele già in via extragiudiziale, ma in caso di mancato accordo sarà necessario adire le vie legali secondo le tutele previste dal Codice civile e dal Codice delle obbligazioni.
Sarebbe buona prassi prevenire il problema con pratiche aziendali etiche: contratti chiari, inserirendo clausole nei contratti di lavoro che regolino l’uso dell’immagine dei dipendenti, indicando finalità e limiti; ottenendo sempre un consenso specifico e documentato per l’utilizzo dell’immagine e prvedendo un indennizzo adeguato per l’uso commerciale dell’immagine, proporzionati al beneficio economico.
In conclusione, l’uso dell’immagine di un lavoratore senza il suo consenso non è solo una violazione dei suoi diritti, ma può anche compromettere la reputazione aziendale. Una gestione rispettosa e trasparente di questi aspetti non solo evita controversie legali, ma dimostra un impegno verso l’etica e il rispetto della dignità del lavoratore.