Nel contesto della giustizia penale, il risarcimento del danno morale assume un ruolo fondamentale nella ricerca di equità e riparazione per coloro che hanno subito un reato. Oltre alla punizione dell’aggressore, il risarcimento del danno morale si propone di ripristinare la dignità e il benessere psicologico delle vittime.

Il danno morale si riferisce al dolore, alla sofferenza psicologica e alla lesione dei diritti personali subiti dalla vittima di un reato. A differenza del danno materiale, il danno morale riguarda aspetti emotivi e psicologici, quali ansia, stress, paura e trauma. Il riconoscimento e la compensazione di questo tipo di danno sono essenziali per garantire una giustizia completa e inclusiva.

Il risarcimento del danno morale è una componente essenziale della giustizia e come tale va trattato in seno al processo penale. Tuttavia la prassi dei tribunali si è più volte confrontata con l’impossibilità per la difesa o per lo stesso giudice di poter esaminare i documenti e i giustificativi su cui si poggiava una richiesta di risarcimento per torto morale, che fino a prima della riforma venivano prodotti se non in sede di arringa, con la conseguenza che per lo più il giudice penale non poteva far altro che emettere una pronuncia sul principio, rinviando la vittima al foro civile, costringendola di fatto a non avere un’immediata giustizia in seno al processo penale.

Con la riforma si è mirato proprio a correggere questo aspetto imponendo all’acccusatore privato di quantificare le proprie pretese prima dell’apertura del pubblico dibattimento, auspicandoci che da oggi il processo penale possa chinarsi in un’unica sede su tutti gli aspetti del reato, compresi quelli civili, assicurando un messaggio univoco rispetto alle conseguenze di un reato, e svolgendo di fatto un ruolo cruciale nel dissuadere comportamenti ingiusti.